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IL REDDITO AI FINI FISCALI, NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO, COINCIDE CON UN FLUSSO FINANZIARIO. MA E’ PROPRIO COSI’?

Nell’immaginario collettivo il reddito ai fini fiscali (più tecnicamente, rilevante ai fini dell’imposta sul reddito) coincide – o, meglio, dovrebbe coincidere – con un preciso flusso finanziario.

Innanzitutto, in prima battuta, escludiamo tutti i redditi soggetti ad imposte sostitutive, che rientrino o meno nella dichiarazione dei redditi (ad esempio, taluni redditi di capitale, canoni di locazione soggetti a “cedolare secca”, ecc.) e concentriamo la nostra attenzione sui redditi soggetti all’imposta sul reddito [1]

Nel caso tecnicamente più semplice, quello del reddito di lavoro dipendente, siamo di fronte ad un reddito imponibile che al netto delle ritenute fiscali [2] il più delle volte coincide effettivamente con un preciso flusso finanziario [3]: infatti il “netto in busta” coincide di regola con l’importo incassato dal soggetto retribuito.

Ma in realtà non sempre c’è coincidenza tra reddito fiscalmente rilevante e effettivo flusso finanziario.

I casi sono numerosi ed articolati, facciamo qualche esempio:

Insomma, i casi in cui non c’è coincidenza tra redditi fiscalmente rilevanti ai fini dell’imposta sul reddito e flussi finanziari sono talmente numerosi da costituire la regola e non l’eccezione.

Ma nell’immaginario collettivo è esattamente il contrario.

Anni fa un parlamentare, nonché titolare di reddito di impresa, era stato oggetto di aspri commenti giornalistici per il fatto che aveva dichiarato una perdita!

In realtà, sulla base di una agevolazione fiscale (la c.d. “detassazione Tremonti”) aveva conseguito una perdita fiscale, che in realtà non coincideva con un effettivo flusso finanziario negativo. Il politico lo spiegò ai giornalisti, che rimasero interdetti e piuttosto perplessi.

Sempre anni fa, c’è stata una sorta di fuga di dati dall’Amministrazione Finanziaria con diffusione in Internet dei dati reddituali dei contribuenti italiani relativi all’anno di imposta 2005.

Si sollevò un polverone, con la caccia al reddito, che comportò processi sommari avendo in mente ciò che è tuttora presente nell’immaginario collettivo: si pensava (e si pensa tuttora) che il reddito dichiarato ai fini Irpef fosse innanzitutto l’unico reddito e poi che coincidesse con un flusso finanziario.

Flusso finanziario che misura (che dovrebbe misurare) la capacità di spesa.

Fu un grande e grave errore di prospettiva, ma oggi avverrebbe lo stesso.

Oltre alla mancata coincidenza suddetta, occorre infatti considerare un ampio novero di redditi assoggettati ad imposte sostitutive o non soggette ad imposta, che a volte non rientrano nemmeno nella dichiarazione dei redditi (si pensi al capital gain o a plusvalenze immobiliari non tassate [7] o tassate con imposta sostitutiva).

In sostanza, siamo di fronte ad un mito da sfatare ma che resiste tenacemente.

E questo alimenta equivoci a catena.

 

Riproduzione riservata © Novembre 2017 Studio Santi & Associati

 

[1] In  questa sede, ad IRPEF.

[2] Le trattenute previdenziali sono “a monte” del reddito imponibile e quindi in questa sede non rilevano.

[3] Non consideriamo in questa sede, per semplicità espositiva, i compensi in natura quali componenti del reddito da lavoro dipendente.

[4] Dal 2017, invece, il reddito di impresa in contabilità semplificata si determina, di regola, con il “criterio di cassa”, ma che in realtà è un criterio ibrido (cfr. riquadro successivo).

[5] Si pensi per esempio ai costi non monetari quali gli ammortamenti e il TFR dei dipendenti, ai costi maturati ma non pagati oppure ai ricavi maturati ma non incassati, e via dicendo: semplicemente, la coincidenza tra reddito fiscalmente rilevante e flusso finanziario è impossibile.

[6] Si può anche verificare il caso, non proprio raro, di reddito di partecipazione in società di persone, attribuito “per trasparenza” in capo ai soci, ma che materialmente non lo hanno nemmeno percepito in parte.

[7] Cessione di fabbricati acquisiti a titolo oneroso da più di cinque anni: la plusvalenza, a prescindere dall'importo, non è rilevante fiscalmente e quindi non si dichiara, ma genera un flusso finanziario e contribuisce (a volte in modo consistente) a formare la capacità di spesa.