WEB TAX - IMPOSTA SUI SERVIZI DIGITALI
1) L'Agenzia delle Entrate, con il provvedimento n. 13185 del 15 gennaio 2021, ha fornito un articolato chiarimento sulla web tax, illustrando il perimetro applicativo e le modalità di versamento.
L “imposta sui servizi digitali” (ISD) è attualmente disciplinata dall’articolo 1, commi da 35 a 50 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019), modificato dall’articolo 1, comma 678 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020).
Ricordiamo che in precedenza, con la legge n. 96 del 21 giugno 2017, di conversione del D.L. n. 50 del 24 aprile 2017, il legislatore italiano aveva introdotto una sorta di “web tax”, che in realtà, nonostante il nome, non era un’imposta, ma una procedura di "emersione", facoltativa ed attivabile dai soggetti non residenti rientranti nei requisiti richiesti dalla norma, finalizzata a consentire agli stessi di stabilire in anticipo gli importi dovuti in considerazione dell’attività svolta sul territorio italiano.
In sostanza era una sorta di procedura di collaborazione destinata ai player del web, volta a definire insieme i profitti astrattamente tassabili nel nostro territorio: profitti non tassabili perché risultava difficile stabilire se gli stessi avessero una stabile organizzazione italiana.
Con la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018) è stata introdotta l' “imposta sulle transazioni digitali” (ITD) successivamente sostituita, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019, articolo 1, commi 35-50), dall’ “imposta sui servizi digitali” (ISD).
I commi 35-50 della legge di bilancio 2019 sono stati successivamente modificati dall’art. 1, comma 678 della L. n. 160/2019 (Legge di bilancio 2019), con l’aggiunta, tra l’altro, del comma 49-bis secondo il quale “I commi da 35 a 49 sono abrogati dalla data di entrata in vigore delle disposizioni che deriveranno da accordi raggiunti nelle sedi internazionali in materia di tassazione dell'economia digitale”.
Dunque anche l’ “imposta sui servizi digitali” (ISD) verrà abrogata dal momento in cui entrano in vigore le disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.
Nelle more dell’entrata in vigore di tali accordi, si prevedono alcuni correttivi all’imposta sui servizi digitali, che si applica dal 1° gennaio 2020, senza avere bisogno dell’emanazione delle relative disposizioni attuative.
L’ISD (Imposta sui Servizi Digitali) che è stata introdotta in Italia dal 1° gennaio 2020 è molto simile alla DST (Digital Service Tax) proposta dalla Commissione Europea e già attuata dalla Francia.
Si tratta di una tassa sui ricavi delle società che forniscono certi servizi digitali.
Le soglie minime per definire il perimetro dei soggetti colpiti sono le stesse della proposta della Commissione: si tratta di una tassa al 3 per cento da applicare sui ricavi generati da alcune attività digitali prodotte da imprese con un fatturato globale di gruppo di almeno 750 milioni di euro e con ricavi derivanti da servizi digitali erogati in UE per almeno 5,5 milioni di euro.
Torniamo ad alcune definizioni riportate nel provvedimento dell’Agenzia delle entrate.
Per “soggetti passivi dell'imposta” - come viene specificato nel provvedimento - s’intendono i soggetti esercenti attività d'impresa che, nel corso dell'anno solare precedente a quello in cui sorge il presupposto impositivo:
a) realizzano ovunque nel mondo, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a euro 750.000.000; e
b) percepiscono nel medesimo periodo, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, un ammontare di ricavi da servizi digitali non inferiore a euro 5.500.000 nel territorio dello Stato, calcolati secondo i criteri individuati nel punto 3 e senza tener conto dei ricavi derivanti dai servizi di cui ai punti 2.2 e 2.3 del provvedimento in esame.
Per “interfaccia digitale” (ID) s’intende qualsiasi software, compresi i siti web o parte di essi e le applicazioni, anche mobili, accessibili agli utenti attraverso cui sono prestati i servizi digitali dai soggetti passivi dell’imposta. Una interfaccia digitale è multilaterale quando la stessa consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni e servizi.
Per “servizi digitali” s’intendono:
a) veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata (i messaggi pubblicitari collocati su un’interfaccia digitale in funzione dei dati relativi a un utente che accede a tale interfaccia e la consulta) agli utenti (qualsiasi soggetto che si connette, tramite un dispositivo, a una interfaccia digitale) della medesima interfaccia;
b) messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale.
La definizione della base imponibile è straordinariamente contorta ed è accompagnata da una lunga lista di esclusioni, il che rende evidente il tentativo di colpire essenzialmente i cosiddetti giganti del web, quali: Google, Apple, Facebook e Amazon.
Il Legislatore ha introdotto un'imposta con aliquota del 3% sui ricavi derivanti da determinati servizi digitali realizzati da soggetti esercenti attività d'impresa, con entrata in vigore il 1° gennaio 2020.
L'imposta si applica alla fornitura dei servizi digitali, applicando l'aliquota ai ricavi imponibili. A tal fine rilevano i corrispettivi percepiti nel corso dell'anno solare da ciascun soggetto passivo dell'imposta.
I ricavi sono assunti al lordo dei costi sostenuti per la fornitura dei servizi digitali e al netto dell'IVA e di altre imposte indirette.
Sono esclusi dall'ambito applicativo dell'imposta i servizi riguardanti:
- la fornitura diretta di beni e servizi, nell'ambito di un servizio di intermediazione digitale;
- la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
- la messa a disposizione di un'interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale, in termini di ricavi realizzati, è quello della fornitura agli utenti dell'interfaccia - da parte del soggetto che la gestisce - di contenuti digitali, servizi di comunicazione o di pagamento;
- la messa a disposizione di un'interfaccia digitale per gestire, ad esempio: i sistemi dei regolamenti interbancari, le attività di consultazione di investimenti partecipativi, le sedi di negoziazione all'ingrosso;
- la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono i servizi indicati al punto precedente;
- lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio di energia elettrica, gas, certificati ambientali e dei carburanti.
Nella determinazione della base imponibile non devono essere considerati i ricavi derivanti dai servizi digitali resi a soggetti, sia residenti sia non residenti nel territorio dello Stato, che si considerano controllati, controllanti o controllati dallo stesso soggetto controllante nel medesimo anno solare (art. 2359 c.c.).
Un ricavo è imponibile se l'utente del servizio digitale è localizzato nel territorio nello Stato.
Per considerare un ricavo tassabile, è dunque necessario determinare l’”italianità” della transazione digitale. Il legislatore ha disposto che l’utente che usufruisce del servizio tassabile debba essere su territorio italiano, ossia che il computer/cellulare/smartphone su cui si finalizza il servizio di intermediazione debba avere un indirizzo di protocollo Internet (IP) geolocalizzato in Italia o debba essere comunque localizzabile nel nostro paese.
Secondo la Relazione Tecnica al provvedimento, la tassa dovrebbe produrre entrate aggiuntive per 708 milioni già a partire dal 2020.
I soggetti passivi dell'imposta sono tenuti, in generale, al versamento dell'imposta entro il 16 febbraio dell'anno solare successivo a quello in cui sono realizzati i ricavi imponibili, con dichiarazione da presentarsi entro il 16 marzo.
In sede di prima applicazione, l'imposta dovuta per le operazioni imponibili nell'anno 2020 deve essere versata entro il 16 marzo 2021 e la relativa dichiarazione deve essere presentata entro il 30 aprile 2021 (art. 2, D.L. n. 3 del 15 gennaio 2021, recante “Misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonchè adempimenti e versamenti tributari”).
Il pagamento va eseguito tramite modello F24 con i codici tributo che l’Agenzia fornirà con una separata risoluzione, ma i non residenti che non dispongono di conto corrente presso sportelli bancari o postali situati in Italia, e che non possono eseguire il pagamento tramite modello F24, possono effettuare il versamento con bonifico in “EURO” a favore del Bilancio dello Stato al Capo 8 - Capitolo 1006 (codice IBAN IT43W0100003245348008100600), indicando quale causale del bonifico: il codice fiscale, il codice tributo e l’anno di riferimento.
Il provvedimento definisce anche gli obblighi contabili che i soggetti passivi sono tenuti a rilevare mensilmente e annualmente, i prospetti analitici da redigere, la documentazione da tenere e le modalità di conservazione.
2) Sull’opportunità di introdurre una simile imposta vi è da vari anni un ampio dibattito a livello internazionale. In particolare il tema dell’erosione della base imponibile nazionale e dello spostamento dei profitti (c.d. BEPS - Base Erosion Profit Shifting) è oggetto di un articolato lavoro in sede OCSE, che sta coinvolgendo 135 paesi.
Pur partecipando a tale lavoro congiunto in sede OCSE, l’Italia per il momento ha tuttavia seguito la decisione della Francia di introdurre una autonoma imposta nazionale, in assenza di un accordo in sede internazionale.
L’introduzione di tali imposte è stata oggetto di critiche da parte del governo Usa, dal momento che alcune delle “big-tech” colpite sono statunitensi.
In tale contesto, il comma 49-bis della L. n. 145/2018 (introdotto dalla legge di bilancio 2020), che abbiamo riportato sopra, prevede significativamente che la stessa imposta sarà abrogata dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in materia di tassazione dell’economia digitale, quali deriveranno dagli accordi raggiunti in sede internazionale.
Se non si arriverà ad una web tax basata su una “intesa globale in sede OCSE-G20 entro il primo semestre 2021” la Commissione Europea presenterà una proposta per una “digital tax europea”.
Lo ha affermato Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, in audizione in remoto da Bruxelles davanti alle commissioni riunite Finanze e Politiche Ue della Camera del Parlamento italiano.
Fonte: Tuttocamere.it da Newsletter n. 3 del 30 Gennaio 2021
03.02.2021